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RACCONTI E POESIE & c.

Pubblicato da Paolo

 RACCONTI E POESIE & c.

~~PIÙ GESTIONE PER TUTTI

Fu proficua al capriolo La gestione venatoria Per sfuggire al pallettone Al segugio e alla sua boria

Vogliam sempre la gestione Dall’allodola al leone

Andò bene pure ai cervi Per calmarsi nei lor nervi Uno studio approfondito Sulle classi ed il bramito

Vogliam sempre la gestione Dall’allodola al leone

Fece bene anche al forcello Ben diverso dal cammello Un approccio gestionale Molto attento al suo areale

Vogliam sempre la gestione Dall’allodola al leone

Qualche dubbio un po’ m’assale Se si parla del cinghiale Ma in Europa è controllato Quindi sono rincuorato

Vogliam sempre la gestione Dall’allodola al leone

Si fa avanti un capannista Lo considero un artista Anche perché prende dati E rispetta i rispettati

Vogliam sempre la gestione Dall’allodola al leone

Ed allor mi chiedo cupo Cosa farà bene al lupo?

La risposta è sempre uguale... Un approccio gestionale.

Ettore Zanon

Racconti, proverbi e considerazioni.

 

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Chi sta cacciando non può fare a modo suo, deve vivere col vento, con i colori, con gli odori del paesaggio, adattarsi al ritmo dell'insieme.       

Karen Blixen (La mia Africa).

 

Africa.jpg

 

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PREGHIERA DEL CACCIATORE DI MONTAGNA

Che tu sia lodato, Signore, per aver fatto le montagne e il sole
che le illumina, l'acqua che le bagna, gli animali, le piante
e le rose che fanno di contorno.
Io Ti ringrazio per avermi fatto capire tutta la bellezza del tuo lavoro.
Ti ringrazio ancora Signore, che mi permetti di salire su fino alle alle rocce, di cacciare il capriolo, e tutti gli altri... animali nei posti più belli del mondo, di poter godere la maestosità dell'aquila nel cielo infinito.
Ti ringrazio per avermi regalato il piacere di avere assieme alla mia passione un caro e vero amico: il mio cane, che divide con me la bellezza delle albe e dei tramonti.
Benedetto sempre Signore, per la pace che mi fai provare,
quando in montagna, da solo,
cerco di capire come sarà la vita eterna che ci hai promesso:
guardando in su, penso così anche ai miei cari, che sono già con Te
e provo a parlare, in silenzio, con loro, pensando anche al mio gran momento.
Perdonami se adesso, Signore, qualche volta sacrifico per la mia passione, i tuoi animali:
è un ricordare il potere che ci hai dato, quando ci hai creato, quello di essere padroni della terra e gestirla nel tuo nome.
Il sangue che perdono assieme alla loro vita, mi fa capire la tua generosità e la mia miseria, e mi ricorda di avere il massimo rispetto delle Tue cose e dei miei diritti.
Che Tu sia sempre lodato e ringraziato perchè quando torno dalle tue montagne, io sia sempre più degno di Te, e quando non potrò più godermele perchè le forze mi avranno abbandonato,
Ti prego Signore di darmi rassegnazione e pace.
Se poi un giorno dalle montagne, dalle mie montagne, dalle Tue montagne, non tornassi giù a valle,
Ti prego Signore di raccogliere in quel momento la mia anima,
che potrà si essere piena di colpa, ma sicuramente in quel momento più vicina a Te. Amen.

 

 

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Al mondo ci sono luoghi dove il tempo si ferma, rigido, come il ghiaccio che lo ricopre, e immobile come la nebbia sospesa: sono i luoghi dell'incanto, sono i luoghi della meraviglia, sono i luoghi del cacciatore. Se visiti questi luoghi ricorda di farlo in punta di piedi,  ricorda che il tuo scarpone non deve lasciare orme,  che il tuo respiro non deve essere rumoroso.  Cammina solamente sul soffice muschio,  o sul duro sasso,  segui le orme del vecchio cervo, ma fa in modo che non se ne accorga,  impara la dimora del solengo,  e rispetta   cerca di non distruggere ciò che ci ha messo ore, giorni o mesi per essere costruito, che sia la tela del ragno o il nido della formica.    E se il rumore del tuo fucile squarcerà il silenzio, sii uomo e responsabile della vita che hai tolto,  onora la tua preda, rispetta la sua spoglia,dai in custodia questa nobile anima ai tuoi ricordi, e fa in modo che essi la preservino dall'oblio fino a quando anche i tuoi occhi si chiuderanno per sempre. 

Serena donnini 23-12-2012 

 

cervo

 

 

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Femmina.jpg

 

 LA PRIMA VOLTA.

 

Dall’anno duemila anche nella provincia di Perugia abbiamo la caccia di selezione. Fatti i primi corsi, allestiti i distretti, censiti i caprioli, non rimane che attendere che l’ufficio della gestione faunistica, comunichi l’assegnazione del capo o dei capi da abbattere. Finalmente arriva l’attesa notizia. In base ai punteggi e alle graduatorie, mi è stata assegnata una femmina. Avrei preferito un maschio per fare il mio primo trofeo, ma va bene lo stesso. Alla fine di settembre, faccio il sopralluogo del settore assegnatomi, accompagnato dall’amico Peppe B., esperto selecontrollore e conduttore di Ado uno splendido segugio annoveriano. Conoscendo la mia inesperienza in materia, mi fa notare i segni di presenza del piccolo cervide, dilungandosi in spiegazioni su ogni particolare, consigliandomi su dove e come fare l’appostamento. C’è un campetto di erba fresca che confina da un lato con una pineta e nella parte opposta con un ginestreto scosceso ed è qui che preparo l’appostamento. Il primo mercoledì d’ottobre è la mia prima uscita. Arrivo con un buon anticipo e passando da dove la mia presenza non può essere avvertita, mi apposto provando la posizione di sparo, sbinocolo continuamente i margini della pineta. È quasi sera quando una testa di capriolo sbuca da quei cespugli, l’emozione è altissima. Sono in due, è una femmina accompagnata da un giovane maschio che entra deciso nel campo e comincia a mangiare, mentre lei si blocca impietrita puntando verso di me, muove le orecchie attenta. Non può aver avvertito la mia presenza, credo che ci sia qualcosa alle mie spalle sulla collina che la disturba. È un attimo ed è già scomparsa nel folto seguita dal suo accompagnatore.

Il sabato successivo ritorno sul posto e ripreso l’appostamento, ricontrollo con il telemetro le distanze preparandomi sulle due o tre possibilità di sparo. Si fa sera e debbo rinunciare. Probabilmente i due caprioli inseguiti da qualche segugio avranno scelto per oggi altre zone. Le nostre fatiche nel fare i censimenti, le ingenti spese per le attrezzature, la mole di lavoro dell’ufficio di programmazione faunistica che raccolti i dati dei censimenti programma gli abbattimenti per il controllo della specie, rischia di essere reso vano dalle normative, che costringono la caccia di selezione negli stessi periodi delle altre forme di caccia, quando è addirittura aperta la caccia al cinghiale. Gli amici cacciatori delle regioni autonome alpine la cui cultura ed etica venatoria è da tutti riconosciuta, hanno periodi di certo più consoni, ma in Italia purtroppo la legge non è uguale per tutti. Assorto in questi tristi pensieri il mercoledì successivo ritorno nell’appostamento che ormai mi è famigliare. Sbinocolo di continuo soprattutto nella zona dove li avevo visti uscire, ma niente. È l’imbrunire, a quest’ora l’altra volta erano già usciti. Tolgo gli occhi dal binocolo e vedo i due caprioli che venuti da chissà dove, sono già lì nel campo che mangiano, a 160 metri dall’appostamento. Le coronarie hanno un duro colpo. Mi abbasso verso la carabina che era già pronta sopra l’appoggio. Il reticolo del mio Swarovski 6x42 sobbalza e trema. È il battito cardiaco che mi impedisce di prendere bene la mira. Al poligono di Magione era tutto più facile. Aspetto qualche minuto, una leggera pressione sul grilletto e il rinculo mi scuote, non trovo più il capriolo nell’ottica. Il giovane maschio che fuggirà poi alla mia vista, non ha capito cosa è successo ed è rimasto impietrito a guardare la femmina che abbattuta dall’esuberanza della mia 30.06, (caricata con palla Nosler ballistic tip150gr, 52gr. tubal 5000 Vectan), è rimasta lì con le gambe tese, paralizzata. È il mio primo capriolo, un rametto di pino é il suo ultimo pasto.      Ottobre 2002                     Paolo Cenci

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Cinghiale-2.jpg

 

 

 

        Il Cinghiale

 

     Qui nel bosco non c’è pace

   non si mangia e non si giace,

   è tra lacci e fucilate,

   che si passan le giornate.

 

                       Se di notte io girello

corro il rischio del balzello,

se cammino nel bagnato

al mattino son tracciato.

 

   Dicon tutti che ‘un si pole

   ma son sempre tersaiole,

   la speranza è solo quella:

   di trovar chi mi padella!

 

              Mettetevi ne’ mi panni

              e poi ditemi: faccio i danni?

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Poesie.

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Cacciatore. 

 

Pineta alta!

Quattro colombe nell'aria vanno.

 

Quattro colombe volano e tornano.

Portan ferite le loro ombre.

 

Pineta bassa!

Quattro colombe sulla terra stanno

                                   F. Garcia Lorca.

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......qei due d'aguzzo dente esperti bracchi o lepre o capriol nel bosco incalzano senza dar posa ed ei percorre e bela........( Omero).

 

 

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Sta il cacciator fischiando sull'uscio a rimirar, tra le rossastre nubi stormi d'uccelli neri, com'esuli pensieri nel vespero migrar            (G. Carducci)

 

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                  PROVERBI

 

 

Chi nel trar xe bravo e bulo, altri dise ch'el gà culo.

 

 

La moglie, il fucile e il cane non si prestano a nessuno.

 

 

Meglio fringuello in man che tordo in frasca.

 

 

Se vuoi fare i figli poverelli, o falli pescatori o acchiappauccelli.
Anno fungaio, anno beccacciaio.
Levante quaglie tante, ponente quaglie niente.
Molte cesene gran freddo viene.
Non credere a donna che piange e a volpe che dorme.
Se cade nel laccio la faina, trema la volpe, e ride la gallina.
Il lupo perde il pelo ma non il vizio.
Il passero ferito

Era d'agosto. Un povero uccelletto
ferito dalla fionda di un maschietto
andò, per riposare l'ala offesa
sulla finestra aperta di una chiesa.

Dalle tendine del confessionale
il parroco intravide l'animale
ma, pressato da molti peccatori
che pentirsi dovean dei loro errori
rinchiuse le tendine immantinente
e si rimise a confessar la gente.

Mentre in ginocchio oppur stando a sedere
diceva ogni fedele le preghiere,
una donna, notato l'uccelletto,
lo prese, e al caldo se lo mise in petto.

Ad un tratto improvviso un cinguettio
ruppe il silenzio: cìo, cìo, cìo, cìo.

Rise qualcuno, e il prete, a quel rumore
il ruolo abbandonò di confessore;
scuro nel volto, peggio della pece
s'arrampicò sul pulpito, poi fece:
"Fratelli, chi ha l'uccello, per favore
vada fuori dal tempio del Signore".

I maschi, un po' stupiti a tali parole,
lesti s'accinsero ad alzar le suole,
ma il prete a quell'errore madornale,
"Fermi, gridò, mi sono espresso male!
Rientrate tutti e statemi a sentire:
sol chi ha preso l'uccello deve uscire!"

A testa bassa, la corona in mano,
cento donne s'alzarono piangendo.
Ma, mentre se n'andavano di fuora
il prete rigridò: "Sbagliato ho ancora;
rientrate tutte quante, figlie amate,
che io non volevo dir quel che pensate!"

             

Poi riprese; "Già dissi e torno a dire
che chi ha preso l'uccello deve uscire.
Ma mi rivolgo, a voce chiara e tesa,
soltato a chi l'uccello ha preso in chiesa!"

A tali detti, nello stesso istante,
le monache s'alzaron tutte quante;
quindi col viso pieno di rossore
lasciarono la casa del Signore.

"Oh Santa Vergine! - esclamò il buon prete -
Sorelle orsù rientrate e state quiete,
poichè voglio concludere, o signori,
la serie degli equivoci ed errori;
perciò, senza rumori, piano piano,
esca soltato chi ha l'uccello in mano".

Una fanciulla con il fidanzato,
ch'eran nascosti in un angolo appartato
dentro una cappelletta laterale,
poco mancò che si sentisser male.
Quindi lei sussurrò col viso smorto
"che ti dicevo, hai visto? Se n'è
accorto!".

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